Con nota prot. n. 1050 del 26 novembre 2020, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito utili chiarimenti in merito alla corretta definizione di “lavoratore notturno”.
Per individuare correttamente tale lavoratore occorre prima di tutto definire cosa si intende per “periodo notturno”. Lo spiega l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003, che lo definisce come quel “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”. Pertanto, il periodo di lavoro potrà iniziare a decorrere dalle ore 22 fino alle 5, oppure dalle ore 23 fino alle ore 6 o, infine, dalla mezzanotte fino alle ore 7.
Nel medesimo comma 2, alla lett. e), si definisce poi il “lavoratore notturno” come:
- Qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
- Qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
Le indicazioni fornite dalla nota dell’INL chiariscono che:
- È considerato lavoratore notturno colui che è tenuto contrattualmente e quindi stabilmente a svolgere tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero nel periodo notturno (cioè in un arco temporale, come sopra declinato, comprendente l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino);
- In presenza di regolamentazione della contrattazione collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga, nel periodo notturno, la parte di orario di lavoro individuato dalle disposizioni del contratto collettivo. In tal caso al contratto collettivo è quindi demandata l’individuazione sia del numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno (che potrebbe pertanto essere inferiore o superiore alle tre ore stabilite ex lege), sia il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di “lavoratore notturno”;
- In assenza di disciplina collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno per almeno ottanta giorni lavorativi all’anno.
Si ricorda infine che solo ai lavoratori notturni individuati nei termini sopra chiariti trova applicazione il limite massimo giornaliero di otto ore di lavoro di cui all’art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003, e non già a qualsivoglia lavoratore che svolga di notte una parte del suo orario di lavoro (si veda la nota del Ministero Lavoro prot. n. 388 del 12 aprile 2005).